Resilienza Silenziosa
E se in inverno nell’orto non si fa una cippa, si fa il cippato!
Le potature invernali, come di consueto, hanno generato un po’ di discussioni e considerazioni all’interno del nostro gruppo, per le differenze di idee e punti di vista sul tema delle potature e del rispetto degli alberi che siano da frutto e non.
Alla fine è prevalsa una linea intermedia venuta fuori spontaneamente dalle discussioni, con lo scopo di lasciare agli alberi la loro forma naturale, ma cercando comunque di garantire un buon arieggiamento delle chiome per evitare possibili infezioni funginee.
Il “lato negativo” di lasciare tendere gli alberi alla loro forma naturale è che la frutta sarà più difficile da raggiungere al contrario delle classiche forme di allevamento a vaso o vasetto, che semplificano al massimo la raccolta della frutta, ma di contro fanno si che l’albero abbia una longevità molto ridotta rispetto a un albero che segue la sua forma naturale.
Quest’anno però abbiamo deciso di valorizzare la sostanza organica dei rami derivanti dalle potature, facendo una cosa che è esattamente l’opposto di quello che viene fatto tradizionalmente. Infatti di solito (riferito alla nostra esperienza qui in Emilia Romagna) i mucchi di ramaglie derivanti dalle potature vengono incendiati e lasciati bruciare anche per giorni finché non si arriva a un cumulo di cenere.
Questo in un ottica di mitigazione dei cambiamenti climatici, è esattamente quello che non si dovrebbe fare.
Perché con un rogo si rimette in atmosfera tutta l’anidride carbonica che quelle piante avevano accumulato nel loro legno e quindi tolto dall’atmosfera, oltre a contribuire al già importante stato di inquinamento dell’aria nella nostra pianura.
Il suolo è il più grande serbatoio terrestre di carbonio, che viene accumulato come sostanza organica e quindi il legno derivante dalle potature in quest’ottica dovrebbe sempre completare il suo “ciclo naturale”, quindi i rami devono in qualche modo ritornare al suolo per poi venire degradati e trasformati in humus.
In natura, nei boschi, il legno cade dai rami quando è secco (nessuno fa le potature) e quindi si decompone lentamente; ma noi nel nostro orto/frutteto vogliamo che l’humus si formi velocemente perchè vogliamo creare il più rapidamente possibile un suolo molto ricco di humus come quello di un bosco naturale.
Ricorriamo allora ad un “trucco”, grazie a una macchina cippatrice, che triturando finemente i rami ottiene un prodotto che viene detto cippato (che può variare a seconda della presenza di foglie sui rami). Questo, utilizzato sul terreno porta tanti benefici: in pratica, stiamo facendo ritornare il suolo verso la fertilità che avrebbe in un bosco; però poi la sfrutteremo per coltivare.
In agricoltura queste sostanze vengono definite ammendanti, cioè che migliorano principalmente le caratteristiche fisiche di un suolo, ma in realtà questa definizione tralascia tantissimi benefici.
Andiamo a vedere nello specifico quali sono questi vantaggi:
Parliamo ora del bilancio di andride carbonica: nel legno degli alberi viene intrappolata circa una tonnellata di anidride carbonica. Se questo legno viene bruciato si rilascia tutta o quasi tutta questa CO2 e a seconda di come avviene la combustione si possono rilasciare sostanze ancora più climalteranti, come il metano e la fuliggine.
Quindi siamo certi che l’utilizzo di una cippatrice, anche se fosse a scoppio, con lo scopo di riportare la legna al suolo senza nessuna combustione sia una scelta molto più saggia e soprattutto rispettosa dell’ambiente, rispetto al bruciare le ramaglie.
Noi faremo qualche esperimento con il cippato nell’orto e presto vi aggiorneremo sui risultati, se avete domande o curiosità commentate.
Di Leoluca Clini